Il 3 maggio del 1972 veniva dalla Ricordi Dischi, a Milano, l’album eponimo “Banco del mutuo soccorso”, su Long Playing vinilico, che sarà poi chiamato semplicemente il “Salvadanaio” per la forma della sua copertina.
Il primo brano dell’album si chiamava “IN VOLO” e, nei suoi versi recitati da Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi, veniva evocato il personaggio di Astolfo e il suo Ippogrifo, il cavallo volante, due figure centrali tra i personaggi del capolavoro di Ludovico Ariosto “L’Orlando furioso”, il poema capolavoro del Rinascimento italiano.
Quindi quest’anno 2022, il 3 maggio, sono 50 anni dalla sua pubblicazione, ricorre cioè l’inizio della storia del Banco del mutuo soccorso. Non ci sono mai piaciuti troppo gli anniversari celebrati con flute e champagne, ma ci piace celebrare con il lavoro concreto i momenti davvero importanti: ecco perché ci è sembrata subito bellissima la possibilità di mettere sulla nostra torta del cinquantennale non una semplice candelina, ma una vera e propria ciliegina speciale: un nuovo album inedito del Banco ispirato e dedicato proprio all’Orlando furioso.
E’ un po’ come far ritorno su quello spazio da dove spiccammo il nostro volo tanti anni fa, con la voglia di far così ripartire questa storia fatta di musica, di idee, di diversità, di visioni e di sogni. Vorremmo farla rivivere ancora con lo stesso desiderio di stupore, di meraviglie da cantare, di storie da intravvedere in quell’“Oltre”, in quel “nonostante” che sono la nostra vera vita, fatta dell’utopia delle idee, delle speranze, delle sorprese e delle meraviglie che, nonostante tutto, la vita prosegue ad offrirci, se solo stiamo attenti a coglierle fra le luci e le ombre dei nostri giorni.
Tutto è cominciato con mio figlio Michelangelo che una mattina venne da me e mi disse: - Papà che ne pensi se scrivete un nuovo album, tu e Francesco, ispirato all’Orlando furioso dell’Ariosto? Sarebbe come ritornare nello stesso luogo da dove siete partiti ormai tanti anni fa … senti, ho scritto questo brano che potrebbe essere la dichiarazione d’amore di Orlando ad Angelica, e lei che invece lo respinge …
Orlando, il più prode dei paladini dell’imperatore, ha appena rinunciato a correre in aiuto dei suoi commilitoni attaccati dal nemico che li sta sterminando per salvare Angelica, la donna che ama, presa dai selvaggi che stanno per ucciderla…
E lei invece lo respinge, perché si è innamorata di un saraceno, Medoro, uno dei nemici, un modesto soldato semplice ignoto e senza valore, preferito al più forte dei Paladini dell’imperatore!
Un amore rifiutato, certo, ma dietro questa storia dell’innamorato respinto c’è molto di più: una grande guerra fra occidente ed oriente, fra cristiani e saraceni, mussulmani …
E poi tante altre storie d’amore, questo sentimento anzi viene declinato in tutti i modi possibili, che l’essere umano è riuscito a cogliere e fare propri …
Oltre all’AMORE RESPINTO”, quello appunto di Orlando ed Angelica, c’è l’AMORE INATTESO, quello che vede Medoro oggetto dell’amore di Angelica: lui così insignificante amato appassionatamente dalla donna più bella del mondo!
C’è l’AMORE FRATERNO, quello di Astolfo che decide di rischiare la propria vita per salvare quella dell’amico Orlando impazzito per amore: Astolfo che decide di andare fin sulla luna per recuperare il senno di Orlando e di riportarglielo sulla terra per guarirlo dalla sua pazzia!
E qui non possiamo non dire che meraviglia di immagine è l’invenzione ariostesca che trasforma la luna da simbolo romantico per antonomasia a “discarica” dei sogni ai quali gli umani hanno rinunciato, degli ideali abbandonati … La luna, dove i senni di molti uomini vanno a finire, diventa una grande discarica di rifiuti, di scarti, di rinunce umane …
C’è poi il RIFIUTO DELL’AMORE, raccontato dalla guerra stessa che è, per antonomasia, il trionfo dell’odio e la cancellazione proprio dell’amore…
C’è l’AMORE POSSESSIVO della maga Alcina per Astolfo il quale, volendo andar via, viene chiuso dalla maga in un tronco d’albero cavo e qui tenuto prigioniero, considerato quindi non fonte dell’amore ma un vero e proprio possesso, quando l’amato si trasforma in “proprietà”, qualcosa che è solo “nostro” ed a cui non lasciamo più altri significati … Oppure, ancora, l’AMORE PROIBITO, quello di Ruggero saraceno e Bradamante cristiana, amore impossibile, ostacolato fino alla fine dal Mago Atlante! (Ruggero e Bradamante sono i Giulietta e Romeo di Ariosto).
Invenzioni fatate come il cavallo volante e l’anello che rende invisibili (500 anni prima che J.R.R. Tolkien scrivesse la “Compagnia dell’anello” …!!!). Maghe e Maghetti e tanto ancora!
Una volta deciso di raccontare l’Orlando furioso, prima di iniziare a scrivere la musica ed i testi abbiamo dovuto affrontare una serie di quesiti fondamentali: dovevamo utilizzare le ottave dei versi originali e musicarle?
E quale delle innumerevoli avventure avremmo scelto da musicare, fermo restando la scelta di non musicare tutto l’Orlando perché, secondo noi nel testo originale era forse troppo ampio e dispersivo, con troppi personaggi e troppe vicende avventurose, almeno per il gusto contemporaneo.
Ma allora con quale criterio scegliere quali episodi musicare e quali no?
Potevamo giudicare il capolavoro di Ariosto come se fossimo dei giudici di un Talk Show televisivo contemporaneo? Quali avventure mandare in finale e quali bocciare?
Semplicemente assurdo!
Ed ancora UN’ALTRA SERIE DI DOMANDE:
Abbiamo capito, in fine, che le risposte a queste domande andavano date fin dall’inizio, pena il fallimento dell’intero lavoro.
Allora: l’Ariosto stesso per scrivere il suo Orlando furioso si era liberamente ispirato all’opera di un altro poeta che aveva scritto prima di lui sullo stesso argomento, al punto da far sembrare il Furioso un vero e proprio sequel, diremmo oggi: mi riferisco all’ “Orlando innamorato” del Boiardo.
Così abbiamo preso il coraggio di fare altrettanto, nel senso che se sentivamo il bisogno di aggiungere qualche circostanza narrativa, potevamo farlo, purché il tutto funzionasse liricamente.
Da qui il passo è stato veloce e spedito nel pensare, in tutta onestà di mente, che potevamo osare se era chiaro il percorso che sceglievamo di seguire. Allora abbiamo scelto gli episodi centrali dell’originario racconto, reputando centrali quegli episodi che servissero da anelli imprescindibili per una narrazione che voleva e doveva essere diversa dall’originale.
La domanda principale era diventata, per noi, “qual è il senso di musicare questo capolavoro 500 anni dopo la sua pubblicazione?” Per senso intendiamo il significato artistico, emotivo e creativo, di prendersi licenza dall’originale e strutturare una narrazione rispettosa per somme linee, coerente e fondata sui contenuti essenziali dell’opera originale.
Allora capimmo che la forza dell’Orlando stava nella sua insospettabile modernità e contemporaneità: la nostra epoca sta ancora vivendo, per cominciare, dopo 500 anni, un confronto/scontro fra occidente e medio oriente!
Il Mediterraneo è solcato da innumerevoli flussi di uomini in fuga dalle guerre che ancora bagnano di sangue fratricida le spiagge del ex mare nostrum!
Ci è venuto in mente che sarebbe stato opportuno sottolineare questo contenuto di contemporaneità: ed ecco che il nostro Orlando abbiamo pensato di ambientarlo in un tempo non tempo, né nel passato né nel presente né nel futuro, e come scenario, in un Mediterraneo completamente prosciugato di tutta la sua acqua.
Solo una fonte di acqua dolce al centro di una valle di terre rosse è tutto quel che resta dell’attuale mare (tra l’altro una condizione realmente verificatasi migliaia di anni fa secondo gli scienziati). Questa superstite sorgente d’acqua potabile viene immediatamente cinta con delle mura dai Guardiani dell’acqua, ma è anche, contemporaneamente, la meta di centinaia di carovane di uomini donne e bambini che, divorati dalla sete, non attraversano l’ex Mediterraneo con le barche ma a piedi, dirigendosi in carovane di umanità dispersa e disperata verso le mura che circondano la sorgente.
Ci sembrava un’opportunità importante utilizzare la storia dell’Orlando furioso per rispondere alla violenza terroristica, la scelta dell’arte come confronto, della poesia come offerta di pacificazione, ci sembrava una strada da dover indicare come possibile, anzi necessaria, rileggendo un’opera poetica il cui autore – Ariosto - è stato sempre, durante tutto il suo racconto, terza parte equilibrata fra l’esercito cristiano e quello saraceno, mai coinvolto nella guerra fratricida fra medio-oriente ed occidente nel parteggiare per una parte a discapito dell’altra. Indicare poesia e musica come percorso di pacificazione anche ai nostri contemporanei ci è sembrata un’opportunità da non perdere, perché era un approccio coerente con il pensiero del Banco del mutuo soccorso, da sempre pacifista ed antimilitarista!
NARRAZIONE DEL BRANO
Questo brano l’abbiamo dedicato idealmente alla forma dell’amore “raccontato”, essendo l’oggetto principale del racconto del poema ariostesco.
Le prime parole del brano sono i versi originali, (Canto I, Ottave 1 e 2), uno degli incipit più famosi di tutta la letteratura europea. Così inizia l’ Orlando Furioso, scritto dall’ Ariosto nel 1516, il capolavoro del Rinascimento italiano nel mondo.
“Le donne, i cavalier, l’armi e gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto …”
(Quanto è bello il termine “le cortesie” per indicare i riti cavallereschi delle corti rinascimentali?)
Ariosto informa i lettori di quello di cui parlerà, degli amori delle dame e dei cavalieri, dei costumi e dei riti usuali nelle corti nobiliari dell’epoca (le cortesie) e delle imprese di guerra, ai tempi in cui i Mori attraversarono lo stretto di Gibilterra e arrivarono fino in Francia a devastare ed attaccare quelle terre. Si combatté ferocemente fra cristiani ed arabi, come nella mitica battaglia di Poitier, cantata dai menestrelli europei fra le gesta più gloriose dei cavalieri dell’imperatore Carlo Magno.
LA MUSICA
E’ uno dei pochissimi casi in cui Nocenzi ha scritto la musica sulle parole, essendo accaduto nella sua lunga carriera quasi sempre il contrario: prima la musica e poi il testo. Ma l’incipit dell’Orlando furioso è una pagina mitica, è di una bellezza metrica e fonetica unica, ed era quindi irrinunciabile la tentazione di metterla in musica … Ed allora ecco la scrittura melodica articolata in modo che ogni nota della melodia vocale accolga una sillaba del testo originale.
Inoltre la scrittura musicale, con il suo andamento monodico, ha voluto liberamente evocare quelle cadenze medioevali da dove nasce tutta la saga dei Trovatori e dei menestrelli europei, di cui l’ Orlando furioso è l’epilogo barocco.
Nell’orchestrazione, fra i timbri usati, la scelta della forma d’onda iniziale con cui si espone il tema poi ripreso dalla voce, vuole suggerire una narrazione interiore, emotiva, ben suggerita da questo timbro sonoro.
Inoltre si tratta di un suono già adoperato in Eterna transiberiana, ed il suo ritorno crea i presupposti per poter parlare, qua e là, di “suoni alla Banco”, o di “arrangiamenti alla Banco”, come si potrà dire anche per le cadenze armoniche in controcanto delle due chitarre elettriche che prendono il posto di ideali violoncelli, o dell’assolo della chitarra acustica di Nico Di Già, a sottolineare la potenzialità variegata di questa formazione del Banco che si avvale di due chitarre diverse e complementari.
NARRAZIONE DEL BRANO
La pianura rossa l’abbiamo definito amore Negato, perché cos’altro è la guerra se non la negazione dell’amore?
Il brano è una narrazione abbastanza complessa, articolata, perché sono tanti i protagonisti del racconto (Canto XIV, Ottava 1-46; 98-134).
Assistiamo all’arrivo degli Assetati, i Saraceni, sotto le mura che cingono la sorgente dell’acqua alla cui difesa sono appostati i soldati Occidentali, i Guardiani dell’acqua.
All’arrivo della lunga carovana degli Assetati sotto le mura scoppia uno scontro feroce fra i due gruppi. Questo racconto fa riferimento alla battaglia sotto le mura di Parigi, da cui prende il via il racconto originale nell’ Orlando furioso.
Il Mago Atlante
A complicare la narrazione dell’episodio della battaglia per la sorgente dell’acqua, c’è un altro racconto parallelo e contemporaneo, quello del Mago Atlante, che sta seguendo tutto dal Castello del potere dove risiede.
Il Mago Atlante sta nella stanza dei monitor, attraverso i quali segue non solo la battaglia in corso, ma anche l’intera storia dell’uomo, restando cinicamente distaccato dalle morti dei combattenti che vede sfilare sugli schermi. Per lui non è niente altro che un wargames, un gioco virtuale dove gli mancano solo i joystick per intervenire direttamente nei duelli guerreschi.
Atlante rappresenta i “poteri occulti”, cioè gli sciacalli che stanno sempre dietro ad ogni guerra, coloro che trasformano il sangue dei caduti in business per loro vantaggiosi. Non gli interessa affatto chi vinca e chi perda, il suo vero nutrimento è la guerra perché le guerre alimentano la sua ricchezza ed il suo potere.
LA MUSICA
La composizione utilizza, soprattutto quando cantano i Saraceni assetati, una scala minore armonica, che per sua natura ricorda le cadenze della musica araba. Nell’evocare lo scontro guerresco della battaglia vera e propria si è ricorso spesso ad elementi timbrici, semplici ma “caratterizzanti”, per identificare ognuno dei due gruppi, senza però scadere in eccessi di onomatopeia che avrebbero banalizzato il tutto, lasciando cioè la possibilità alle metafore del racconto di ispirare poeticamente anche le soluzioni compositive ed orchestrali.
Ad esempio, in questo lavoro di identificazione sonora delle due schiere contrapposte, quando la narrazione riguarda i Saraceni si usano spesso suoni etnici di percussioni e Sitar; mentre quando rispondono i soldati occidentali con i loro canti di guerra, ai timbri etnici si sostituiscono i suoni sinfonici di una sezione di ottoni e dei timpani orchestrali, a rappresentare timbricamente l’occidente, come le tabla ed i sitar rappresentano timbricamente l’oriente.
Ricorrendo alle scale arabe ed ai suoni etnici contrapposti a quelli sinfonici, quindi agendo sia a livello compositivo che a livello di orchestrazione, le due parti in campo, oltre che a “sentirsi”, si ”vedono” con gli occhi della mente, e l’ascolto diventa una “proiezione sonora”, anziché visiva, secondo noi molto efficace. Improvvisi ed incisivi unisoni eseguiti da tutta la Band fanno del brano una evidente pagina di musica progressive.
NARRAZIONE DEL BRANO
Questo brano rappresenta la forma dell’ amore rinunciato, perché il testo racconta di un Orlando che fa venire i propri sentimenti sempre dopo il proprio dovere, i propri ideali (Canto I, Ottave 5-7). Finché la sua solitudine si fa insostenibile … Anche lui ha bisogno di amare e di essere amato …
Subito dopo la furiosa battaglia con i Saraceni assetati, Orlando sta solo sulle mura che recingono la sorgente d’acqua. Il Paladino incontra Bradamante, la campionessa dei cristiani, e la rimprovera perché non l’ha vista combattere come al solito, con tutto il suo eroismo.
Orlando sa che Bradamante è perdutamente innamorata di un campione Saraceno, Ruggero, e pensa che la donna non abbia combattuto con tutto il suo valore perché fra i nemici poteva esserci il suo amore. Bradamante rimprovera ad Orlando la sua incapacità ad amare. Da questa accusa scaturisce l’idea ispiratrice del testo di “Serve Orlando adesso”.
Orlando dice a Bradamante che anche lui “sa amare”, eccome! Ma il suo senso del dovere gli impone di non concedersi all’amore: lui adesso serve alla guerra, serve ai suoi compagni d’arme, ha una missione. Le dolcezze dell’amore devono aspettare.
Volevamo dare di Orlando una visione “umanizzata”, meno eroica ed epica, e le parole del testo ce lo fanno vedere solo, triste, stagliarsi sul cielo della notte … quasi secondo l’iconografia romantica classica.
Questa sua umanità ci spinge a volergli bene, ad essergli solidali come fosse uno qualsiasi di noi, e non un eroe inarrivabile, un mito, ed il contrasto così creato fra la sua figura guerresca e la dolcezza struggente della melodia cantata, fa da presupposto emotivo alla dichiarazione d’amore che Orlando farà ad Angelica, che invece lo respingerà (“Non mi spaventa più l’amore”).
LA MUSICA
La composizione si avvale di una introduzione, molto struggente come armonie e temi conduttori, affidata però a suoni tutt’altro che dolci e “smielati”, anzi decisamente pungenti come sono le chitarre elettriche e l’organo Hammond, mentre al pianoforte ed alla chitarra acustica è affidata la cadenza della parte di accompagnamento, sulla quale la chitarra elettrica e l’organo espongono il tema che sarà ripreso successivamente dal canto vocale.
Gli obbligati duetti scritti per chitarra e tastiere sono ormai una caratteristica del Banco, che sceglie questa modalità espressiva per mantenere sempre focalizzata la natura compatta del gruppo. Questi assoli scritti come “obbligati” per due strumenti solisti consentono alla band di non rinunciare mai all’idea di una band particolarmente compatta, un collettivo coeso sia nei momenti aggressivi e ritmici che nei momenti più lirici.
Dopo l’introduzione strumentale debutta il tema cantato, che inizia con una melodia articolata su diversi salti di intervalli variabili, seguita poi nella seconda parte da una nuova linea melodica che quasi si ferma con insistenza su un’unica nota, ripetuta con passione disperata, a fare da pedale (cioè da nota comune) ai due accordi di RE- e LA+, la tonica e la sua dominante, quanto di più semplice. Eppure quella partecipazione emotivamente solidale al destino drammatico di Orlando “respinto in amore” che ci coinvolge nell’ascolto, è ottenuta dall’ andamento ripetitivo, ipnotico, quasi una lenta milonga sudamericana, che nel suo andamento, inesorabile ma suadente, ci rende “partecipi” del dolore intimo di un Orlando innamorato respinto, che si sente così perduto da stagliarsi solo davanti al cielo buio della notte, su quelle stesse mura difese così disperatamente.
NARRAZIONE DEL BRANO
Nonostante tutto il senso del dovere che lo ha spinto a mettere da parte il suo amore per Angelica, la forza di quest’amore è tale da renderlo inevitabile, un destino al quale Orlando non vuole più sottrarsi (Canto II, Ottava 1).
Orlando, il campione dei Paladini dell’imperatore Carlo Magno, innamorato perdutamente della principessa Angelica, glielo dichiara apertamente, senza remore, sicuro che lei sarà sua e di nessun altro. Del resto come sarebbe possibile che lei lo rifiuti? Lui è il cavaliere più potente ed ammirato dell’impero. Come può una donna resistere alla sua corte e dirle di no? Per lui è assolutamente impensabile. E’ stato l’imperatore in persona a promettere al cavaliere più valoroso la mano di Angelica in premio (Canto I, Ottave 8/11). Quindi… come può adesso rifiutarsi Angelica? E’ impossibile… Almeno questo è quello che Orlando pensa.
Nel finale di questo brano Orlando legge nel silenzio e nell’indifferenza di Angelica il suo rifiuto. Nel Furioso, la scoperta da parete di Orlando che Angelica non accetta il suo amore, viene espresso diversamente da Ariosto, che racconta come Orlando, cercando Angelica, trova la grotta in cui Angelica e Medoro si erano rifugiati, e sulle pareti della grotta legge le scritte del loro amore (Canto XXIII, ottave 101 e seguenti). Questo spunto era talmente forte che avrebbe meritato un brano solo su esso. È per questo che abbiamo optato per una narrazione forse meno romantica ma più sintetica, perché volevamo rendere più drammatica la dichiarazione di Orlando, unendola al rifiuto immediato da parte di Angelica.
LA MUSICA
Questo brano parte attaccato direttamente al precedente Serve Orlando adesso, perché con esso costituiva originariamente un’unica composizione, la prima che Michelangelo Nocenzi fece sentire a Vittorio ed a Francesco Di Giacomo, nell’esporre loro l’idea di musicare l’Orlando furioso per il cinquantenario del Banco.
Sono, non a caso, scritti nella stessa tonalità di RE-, e lasciarli uniti e consequenziali ci permetteva di far crescere l’emozione del momento in cui Orlando, solo sulle mura intorno alla sorgente d’acqua, sente dentro di sé esplodere tutta la forza del proprio amore per Angelica: in quel momento le pulsazioni ritmiche del tango iniziano a percuotere il brano.
La composizione, dopo il debutto tematico affidato a chitarre e voce, passa attraverso il crescendo di un Bridge musicale che incrementa lo struggimento generale, per poi liberarsi ogni volta sulla ripresa del tema conduttore. Dopo le prime due esposizioni del tema lasciate alla magnifica chitarra elettrica di Filippo Marcheggiani, debutta il canto vocale, che mette in evidenza la potenza della voce di Tony D’Alessio unita alla sua sensibilità interpretativa, perché alla naturalezza con cui intona le note più alte della melodia (fino ad un SI b, un tono solo sotto il DO di petto) aggiunge una serie di colori timbrici della voce che valorizzano la natura struggente del testo e della melodia stessa.
Una delle caratteristiche di questa musica è che il tema conduttore viene eseguito prima dalla chitarra elettrica solista e poi dalla voce, e di volta in volta si alternano nella sua esecuzione, durante tutto il brano.
Così facendo, alternandosi cioè chitarra e voce, si creano delle stanze di decantazione emotiva che servono ad amplificare i colpi viscerali delle parole! Facendo cioè ripetere dalla chitarra solista la melodia appena cantata dalla voce, le parole ascoltate risuonano ulteriormente, arricchendosi di emozioni, mentre le pulsazioni ritmiche della cadenza percuotono il brano. Queste stanze strumentali hanno la funzione di spazio di risonanza, appunto di “camera acustica”, in cui far vibrare ulteriormente le emozioni appena lasciate dall’ascolto delle parole e delle note del tema cantato.
Il brano può essere suddiviso idealmente in due parti; quella iniziale del tango vero e proprio, che debutta improvvisa con l’ingresso della scansione ritmica tanguera, e quella finale, dissonante, che esprime lo scoppio della follia nella testa di Orlando in seguito al rifiuto di Angelica: alle sue parole di amore appassionato lei risponde con un silenzio che per Orlando è agghiacciante, inconcepibile!
Ecco allora che la musica si intorbidisce, quasi si inquina, nel senso che dalla musica tonale iniziale ci si trova immersi, in questa parte finale, in una musica tirata ferocemente fra una tonalità e l’altra, ad esprimere proprio la crescente consapevolezza di Orlando del suo amore non ricambiato. E diventa poi esplicitamente dissonante, con le cadenze accelerate del pianoforte finale, per l’esplosione della follia nella sua testa e nel suo cuore.
Senza l’amore di Angelica Orlando non si sente più nessuno, tantomeno il cavaliere invincibile, superiore a chiunque altro … Lui da questo momento è solo un rifiutato!
Dice Vittorio:- L’idea musicale dell’arrangiamento nasce dal mio amore per il tango argentino -. Questo probabilmente è il primo Tango rock progressive della storia della musica. Ma proprio per la sua trasversalità, volutamente fuori dagli steccati dei generi musicali, ben rappresenta il migliore spirito progressive. Proprio perché inusuale, curioso ed apparentemente stravagante, questo tango dell’Orlando emoziona e tocca delle corde emotive inconsuete.
L’accostamento del suono della fisarmonica e quello della chitarra elettrica, in teoria così lontani fra loro, risultano invece più vicini di quanto si pensi, se nel legarli c’è una musica ed un sentimento adeguati.
Racconta ancora Vittorio:- Quando sono stato a Buenos Aires nel 2000, l’esecuzione di un tango da parte di due musicisti di strada, un accordeon ed un violino, sono rimasti incastonati nella mia anima musicale come diamanti preziosi, esattamente come l’ascolto della musica della coreografia del “Faust” che il balletto di Maurice Bejar portò in scena al Teatro dell’Opera di Roma negli anni ’70: uno spettacolo meraviglioso che alternava brani della Messa da requiem di Giuseppe Verdi a Tanghi argentini, in una commistione divina, bellissima, al punto da avermi fatto innamorare dei Tanghi argentini per sempre -.
NARRAZIONE DEL BRANO
Angelica, figlia dell’imperatore del Katai, è la donna più bella del mondo, che l’imperatore Carlo Magno vuole dare come premio in sposa al cavaliere più valoroso. Tutti sanno che sarà la promessa sposa di Orlando, il cavaliere più forte tra i Paladini.
Ma Angelica, sfruttando l’attacco dei Saraceni, approfitta dello scompiglio generale della battaglia e fugge dal campo dei Cristiani (Canto I, Ottava 13 e 14; 33-39), (Canto XII, Ottave 36-39).
Noi abbiamo voluto pensare che l’Ariosto fa fuggire Angelica perché in qualche modo egli anticipa la sensibilità contemporanea che sente ormai inaccettabile la sudditanza di ruolo della donna all’uomo.
Fra le varie libertà che ci siamo concessi, riflettendoci a lungo, c’è stata anche questa: quella di interpretare certe scelte della narrazione ariostesca. Non ci pareva una scelta “casuale”, da parte di Ariosto, quella di far scappare dall’accampamento di Carlo Magno la principessa Angelica, non bastava come spiegazione quella di creare un’altra successione di azioni cavalleresche, piuttosto ci è piaciuto leggerci dentro l’intenzione di Ariosto di considerare Angelica/donna come un essere autonomo, una “persona”, capace di scegliere il proprio destino anche in tempi in cui tutto questo era dato per scontato e non poteva non accadere, vista la sottomissione delle donne al potere maschile …
Abbiamo preferito pensare così, anche perché la fuga della Principessa del Cataio, altrimenti, resterebbe narrativamente inspiegabile. Per quei tempi rifiutare in sposo un Principe Orlando, appunto fuggendo, sarebbe risultato davvero poco comprensibile …
La fuga di Angelica attraverso il campo di battaglia, però, non passa inosservata. Lei è bellissima e viene subito notata da Rodomonte, il campionissimo saraceno, che si getta al suo inseguimento, contemporaneamente ad Orlando, avvisato della fuga. Ma è Ferraù, un altro campione saraceno, a raggiungerla. (Canto I, Ottava 14).
Anche Rinaldo, cugino di Orlando, si mette sulle tracce di Angelica. Quindi nel testo viene cantata la paura di Angelica, vero e proprio panico, mentre fugge fra gli arbusti del bosco, sentendo vicini i suoi inseguitori.
IL SIGNIFICATO “IDEALE” DEL TESTO
Questo episodio è dedicato alla condanna della violenza sulle donne di ieri e di oggi.
Angelica durante la sua fuga, assalita dalla paura più angosciosa, inerme e sola, ha avuto da subito tutta la nostra solidarietà, e ci ha fatto pensare immediatamente alla necessità di prendere spunto da questo episodio per parlare in modo chiaro, di quanto sia ormai inaccettabile la violenza sulle donne.
Nella nostra mente abbiamo visto una donna correre in preda al panico tra gli sterpi della boscaglia che la feriscono sul viso, sulle gambe, sulle braccia, mentre il terrore sale nel suo cuore e la sopraffà …
LA MUSICA
Il ritmo del brano è un 7/8, tempo dispari per antonomasia, pieno di “inciampi”, di sospensioni, scelto per sottolineare il panico di Angelica che sta fuggendo, sola, nel bosco. Il suono delle percussioni di legno iniziali è ispirato ai rumori delle spade di legno delle marionette, dei Pupi Siciliani quando raccontano le gesta di Orlando e dei Paladini dell’Imperatore Carlo Magno contro i Saraceni…
Tutto il pathos di questo brano parte da queste implacabili e percussive scansioni lignee, che tacciono in coincidenza col passaggio improvviso dal 6/8 iniziale dell’introduzione all’ansia del ritmo in 7/8 che sosterrà la parte cantata.
Il 7/8 è introdotto dalle cadenze delle chitarre elettriche, alle quali si alterna il dialogo fra tastiere e percussioni lignee che riprendono anche nel 7/8, ma mai sotto i cantati, per creare più spazio all’ascolto della voce e delle parole … Il dinamismo e l’ansia della fuga è espresso dalla tensione ritmica che crea il sintetizzatore in 6/8 (2+2+2), ma con suddivisioni binarie e non ternarie (2+2+2 e non 3+3), in poliritmia con un gioco di ottave affidato al pianoforte. Su questo nuovo andamento armonico-ritmico debutta la melodia della strofa del brano, cantata tutta in 7/8 da Tony D’Alessio. E quando arriva il chorus, cioè l’apertura centrale del brano, è quasi la conquista di una nuova speranza liberatrice, quasi un momentaneo porto protettore sicuro e lontano dal male …
La fusione del contenuto del testo con quello della scrittura musicale è quasi totale, l’uno al completo servizio dell’altro e viceversa.
NARRAZIONE DEL BRANO
Prima del titolo definitivo, il titolo di lavoro era “Il Castello del potere”, a identificare totalmente il brano con il covo di Atlante, da dove il Mago segue instancabile ogni fatto che possa interessarlo.
Mentre si sta svolgendo la battaglia fra i Guardiani dell’acqua e i Saraceni intorno alle mura della sorgente, tutte le azione della battaglia vengono seguite con attenzione dal mago Atlante. Il Castello del potere è il luogo, all’interno del bosco della battaglia, in cui misteriosamente prima o poi entrano ed escono tutti i protagonisti della storia dell’Orlando Furioso: Bradamante, Ruggero, Orlando, Angelica (Canto XII, Ottave 21-33), (Canto XIII, Ottave 49-53).
A tutti loro il Mago fa credere che nel castello ci sono le persone o le cose che essi stanno cercando, ma è un inganno di Atlante: il meraviglioso Castello del potere, con le sue immagini false di persone e cose, ci ricorda da vicino le realtà virtuali, alle quali ci stiamo abituando sempre più noi uomini del XXI secolo. L’episodio è una metafora della nostra vita, concepita come una eterna ricerca di qualcosa di irraggiungibile.
Inoltre il Mago Atlante, in realtà, difende Ruggero dal suo destino, che è quello di morire nel momento stesso in cui incontrerà la donna che ama, Bradamante (Canto XII, Ottave 1- 37).
LA MUSICA
Il brano parte in SOL +, in un apparentemente calmo 4/4. E c’è una piccola cadenza strumentale che utilizza il suono di una forma d’onda, come ad imitare la voce dei suoni dei computer: siamo nella stanza di comando del Castello del Potere, dove il mago Atlante, seduto davanti ai suoi monitor, controlla tutto. E’ il potere, quello occulto, che, senza farsi vedere, segue le cose che possono riguardarlo. E quando il Mago canta esprime un cinismo malvagio inusitato …
Le vite degli altri sono solo mezzi da usare quando la loro “nullità” le può rendere un pochino interessanti! “I cerchi di pensieri sono limiti banali per le anime deserte del mondo!” ”Trovare e capire son gocce di miele, regali preziosi per VIP!”, come a dire la conoscenza può essere solo appannaggio delle persone importanti ... “Sono millenni che guardo che accada qualcosa di nuovo!”… “Cerco sempre uomini speciali nel silenzio della storia ma c’é sempre solo rumore!” … “Vite disperse, silenzi depressi, io scansiono i tuoi giorni!”… Dopo tutto questo male entra vigorosa la frase conduttrice affidata alle chitarre elettriche di Marcheggiani e di Già e al drumming potente di Moresco. Ed Atlante da il meglio di sé e della propria natura maligna: “Solo nel mio tutto, io coltivo il nulla, e mi illudo che fiorisca, mentre il nulla è nulla!”. Sul disprezzo sconfinato, nutrito da Atlante verso l’umanità, debuttano le note di un sintetizzatore che esegue una sequenza con un suono di forma quadra, che raggela il tutto, facendolo diventare se possibile ancora più disumano … Ed il canto della voce lascia il posto ad un assolo di miniMoog di Vittorio che conclude il brano lasciando l’ultimo flash alle chitarre con una cadenza ipnoticamente ripetuta a loop.
Il brano finisce con una frase musicale minimalista reiterata dalle chitarre acustiche, accompagnata dal ritmo di un sintetizzatore basso, con l’intento di creare una bolla visionaria …
NARRAZIONE DEL BRANO
La fuga nel privato, davanti alla incapacità di cambiare il mondo, ha avuto nei tempi diversi percorsi. In questo brano si è voluto raccontare l’illusione di potersi tenere fuori dalla realtà, dalle responsabilità, dalla società, di non saper accettare la sconfitta e di rifugiarsi nella droga o nei vari culti alla moda …
Il brano dell’Isola felice racconta l’episodio dell’Orlando furioso in cui la maga Alcina rinchiude in un tronco d’albero cavo il suo amante Astolfo, perché ha paura che la stia per lasciare (Canto VI, Ottave 17-53), (Canto VIII, Ottava 21).
In questo modo rappresenta perfettamente quel tipo di amore possessivo, che spesso gli esseri umani provano verso l’oggetto del loro sentimento, una specie di senso di proprietà sulla lei o sul lui oggetto del loro amore.
Ruggero, fuggendo a cavallo dell’Ippogrifo dal Castello del Potere, dove era tenuto prigioniero dal mago Atlante, atterra sull’isola della maga Alcina (Canto VI, Ottave 17-53)
La voce narrante all’inizio del brano recita i versi originali che descrivono la lenta discesa dell’ Ippogrifo sull’ Isola felice: il cavallo alato plana sull’isola compiendo ampi cerchi concentrici, fino ad atterrare (Canto VIII, Ottava 21).
E mentre cammina passeggiando lungo la spiaggia in riva al mare, in completa solitudine, beandosi della bellezza del luogo, anche Ruggero cede alle lusinghe della fuga dalla realtà, finché sente la voce di qualcuno che gli si rivolge parlandogli, ma non c’è nessuno nei dintorni, e non capisce né chi sia né da dove costui stia parlando. E quando la voce si svela, capisce che è il principe Astolfo prigioniero in un tronco d’albero cavo, imprigionato là dentro dalla sua amante Alcina… E’ lo stesso Astolfo che prega Ruggero di liberarlo, per fuggire insieme dall’isola ingannatrice …
LA MUSICA
Noi abbiamo sentito tutto il fascino della narrazione Ariostesca, e questa storia è diventata subito un tema musicale ampio, con una melodia che si articola su non poche note, in un ritmo di 4/4, scandito sulle suddivisioni in sedicesimi della sequenza di note eseguita dal moog e dalla sinistra del pianoforte, oltre che da una marimba alternata ad uno xilofono… Durante il brano, c’era la necessità di cambiare il suono naturale della voce di Tony per due motivi: il primo di natura narrativa, interpretando Tony vocalmente, due personaggi diversi, prima Ruggero e poi il prigioniero Astolfo; il secondo di natura emotiva: volevamo cioè che il suono della voce di Astolfo esprimesse in qualche modo anche il suo essere prigioniero nel tronco cavo dell’albero. La soluzione è stata semplice: ricorrere ad una equalizzazione che alterasse il timbro naturale della voce di Tony a favore di un suono arricchito da molte frequenze medie in più del normale, quasi emulando le voci di chi parla dentro un megafono: tutto si è focalizzato con maggiore esattezza, sia narrativa che emotiva. Anche il ricorso alla sospensione del ritmo scandito dalla batteria ha contribuito a sottolineare la situazione eccezionale all’interno del racconto, quella cioè di un uomo invisibile che parla ad un altro in un posto deserto, creando ovviamente sospensione del tempo e dello spazio a favore del suono generale che cambia improvvisamente come improvvisamente cambia lo stato d’animo di Ruggero, protagonista dell’episodio, sorpreso dall’ inattesa voce di un Astolfo invisibile.
In questi casi c’è un solo grande pericolo, quello di diventare eccessivamente didascalici… ma se si prosegue a dare priorità alla ricerca della poesia dei suoni, della scrittura musicale e quindi sia della composizione che dell’arrangiamento sonoro, si riesce facilmente ad evitare questo autogol disastroso. E’ importante ricorrere a delle scelte oltre che di scrittura delle parti, diremmo soprattutto attente e sensibili ai timbri degli strumenti che si scelgono per orchestrare il racconto. Ed ecco l’utilizzo del Pad morbido ed evocativo, al quale abbiamo affidato le armonie di questa sezione del brano, unito alla sospensione della scansione ritmica della batteria e del basso elettrico, sostituiti soltanto dalla sequenza in sedicesimi affidata al moog. Contemporaneamente cambia di continuo il dosaggio del filtro di frequenza del Moog rendendo il suo suono cangiante, passando cioè da timbri più scuri a timbri più chiari, risuonanti dell’enfatizzazione dei tagli di frequenza che esaltano i suoni armonici. Tutto questo insieme fa da sottolineatura emotiva dell’episodio che appare molto incisivo, netto, dotato contemporaneamente di chiarezza narrativa e di capacità evocativa e quindi emozionale. E tutto questo riuscendo a stare a distanza di sicurezza dal baratro dell’effetto didascalico.
La scelta di non tornare al primo movimento del brano, con una sua eventuale ripresa, è stata fatta perché volevamo che la figura di Astolfo prigioniero risaltasse come un’emozione di rottura della narrazione, per sottolineare la forza visionaria del racconto dell’Ariosto, che non finisce mai di cercare ed ottenere effetti, situazioni inusuali ed ai limiti dell’inverosimile, creando un continuo rimando fra la parte più intima della natura umana, centrale nelle emozioni più forti dell’uomo come appunto l’amore, e i racconti creati dalla fantasia, dalle visioni di quell’ ”oltre” che sempre ha affascinato la nostra mente.
NARRAZIONE DEL BRANO
Nell’Orlando Furioso, ad un certo punto, Ariosto fa serpeggiare fra le file dei Saraceni, nel loro accampamento, la zizzania e le rivalità, che mettono uno contro l’altro i campioni arabi (Canto XIV, Ottave 78-97).
Volendo rivisitare L’Orlando furioso attraverso le varie forme dell’amore umano, questo episodio ci ha suggerito di dedicare il brano alla MALDICENZA, all’invidia che un grande amore può far nascere negli altri, spettatori maligni di tanta felicità… Quando due persone si amano, suscitano spesso l’invidia degli altri e la loro Calunnia … E se l’amore viene attaccato dalla maldicenza ha solo un modo per difendersi, gli resta solo un’arma, l’unica che il male non potrà mai avere: la dolcezza …
LA MUSICA
Questo é uno dei due brani strumentali dell’album. Ispirato dall’episodio in cui Ariosto fa serpeggiare fra le file dei Saraceni la zizzania e le rivalità racconta lo scoppio delle liti nell’accampamento arabo fra i Campioni nemici.
Il brano si divide in due parti: la prima parte con un tema conduttore complesso e molto cromatico, rappresenta la maldicenza. La cromaticità della melodia tematica, eseguita dal Moog, ricorda il dire e non dire del calunniatore. Inoltre, questa stessa natura cromatica del tema conduttore, esprimere nella sua apparente inafferrabilità come cantabile, anche l’instabilità emotiva sia degli invidiosi che delle loro vittime …
L’inafferrabilità del tema cromatico ci è sembrata proprio adatta a rappresentare la calunnia, speso sibilata nelle orecchie degli altri con subdola perfidia; e la seconda parte, costituita da una barcarola dolcissima, esprime proprio l’autodifesa dell’amore, il suo ricorso alla dolcezza con la propria lievità di sentimenti e di respiro.
Prima parte
Il giro in ottavi molto incalzante, affidato sia al basso di Capozi che alla mano sinistra del pianoforte e successivamente anche all’organo, insieme al drumming implacabile di Moresco, sostengono tutta l’energia del tema conduttore, con flash improvvisi di suoni registrati al contrario che sferzano ripetutamente il suono generale. L’utilizzo di percussioni di legno in sedicesimi aggiungono ulteriore frenesia e tensione.
L’insieme, molto vigoroso, vuole esprimere tutta l’energia guerresca necessaria a raccontare l’episodio delle liti fra i Campioni saraceni.
Il tema conduttore è eseguito dalle chitarre di Marcheggiani e dal Moog di Nocenzi, all’unisono. Al di là della sua cromaticità, la natura del tema conduttore è quasi da “teatro musicale”, cioè è quasi “dialogica”, come un ipotetico dialogo a due o più voci, che evita la “cantabilità tematica” perché non è un sentimento intimo, ideale, che vuole evocare, ma una dinamica di confronto e scontro tra opinioni diverse …
Il flusso ordinato del brano si spezza con il cambio di ritmo, quando passa dal 4/4 al 3/4 + 3/4 + 2/4, e debutta l’unisono imperioso delle chitarre elettriche ad ottave, per poi cambiare ancora … Siamo nel vivo delle liti … Entra un sintetizzatore in ottavi, le nacchere vanno in sedicesimi e si ferma il drumming. Inizia una nuova parte ritmica che fa dialogare fra loro chitarre elettriche, percussioni e batteria (col rullante): gli strumenti si “sfidano” passandosi figure ritmiche dagli uni agli altri. Si aggiungono all’unisono fra loro il basso elettrico e l’organo, per poi riprendere tutti la prima parte della composizione con i timpani che scandiscono in contrattempo l’andamento generale, fino alla ripresa dell’unisono delle chitarre e del pianoforte sulla quale parte un frenetico assolo di minimoog. E’ a questo punto, in cui tutta la tensione sembra esplodere in un apparente disordine generale, che inizia la
Seconda parte
L’ “autodifesa dell’amore”. Espressa dagli arpeggiati delle chitarre acustiche sulle quali canta un sintetizzatore dolcissimo, è la parte che prelude alla “barcarola cantabile” conclusiva, con la quale finisce in dolcezza l’intero brano. In questa seconda parte finale un ruolo importante lo ha il basso cantabile di Capozi, che sceglie per questa conclusione cadenze di note particolarmente pregevoli.
NARRAZIONE DEL BRANO
Questo episodio è l’antefatto della pazzia che scoppia nella mente di Orlando al momento del suo rifiuto da parte di Angelica. Infatti, per andare a salvare la Principessa dai selvaggi che stanno per ucciderla, Orlando abbandona al loro destino i propri commilitoni, di cui stava facendo strage il campione dei Saraceni Rodomonte, venendo meno a tutti quei codici d’onore cavallereschi che erano stati per lui sempre di primaria importanza. E, nonostante questa grande prova d’amore, Angelica respingerà Orlando perché innamorata di Medoro, un Saraceno, un soldato semplice, insignificante … Sarà troppo per la mente di Orlando che perderà il senno ed impazzirà …
L’EPISODIO
Orlando sta nella sua tenda, nell’accampamento dei Guardiani, quando viene raggiunto da due messaggeri: uno gli da la notizia che i suoi commilitoni sono sotto attacco dei Saraceni; tutti stanno invocando il suo nome, che intervenga subito in loro soccorso … L’altro messaggero gli dice che la principessa Angelica è stata rapita dai selvaggi e sta per essere uccisa …
E Orlando deve scegliere se seguire la strada dell’onore e correre a salvare gli altri soldati o soccorrere Angelica, la donna che ama. Orlando, il primo Paladino dell’imperatore, sceglie la via dell’amore e va in aiuto di Angelica.
Per questo il rifiuto di lei sarà poi così devastante.
LA MUSICA
L’inizio musicale di questo brano è affidato al suono degli archi campionati, che scandiscono da soli il groove (l’andamento ritmico), su cui si articolerà il brano con l‘entrata della band. In attesa dell’ingresso del cantato, conducono il pianoforte, l’organo e la chitarra, mentre un Synt polifonico scandisce i sedicesimi con gli accordi ribattuti.
La melodia vocale usa molti ribattuti delle stesse note, per sottolineare la drammaticità della situazione e per accogliere più sillabe possibili da affidare al racconto del testo.
La voce approda poi alla frase conduttrice, quasi un riff da unisono per rock band, con la quale il dilemma del Paladino Orlando si esplicita categoricamente: Scegli cosa vuoi essere, un Paladino o un uomo innamorato!! Vuoi seguire l’onore o dare retta al tuo cuore?
Musicalmente uno dei momenti più belli di questo episodio è l’assolo della chitarra elettrica di Filippo Marcheggiani, con una personalità “tematica” così spiccata da diventare poi un “duetto scritto” per la chitarra stessa ed il Moog di Vittorio che non scade mai nel virtuosismo sterile nonostante la sua “spettacolarità” tecnica, perché resta sempre al servizio dell’emozione della narrazione. Dopo il duetto chitarra - Moog, debutta la seconda parte, con una sua liricità spiccata, tipicamente alla Banco. Il brano diventa così pronto ad accogliere la parte più intima del testo, quella in cui Orlando si sente lacerato fra il suo dovere e l’amore … Il suono della slide chitarra di Marcheggiani, che vola sugli arpeggi della acustica esprime tutta la tristezza dell’animo di Orlando:
Musicalmente la parte finale affida il tema conduttore ad una sezione di brass campionati, sui quali si snoda l’assolo affidato all’organo Hammond di Vittorio.
NARRAZIONE DEL BRANO
Il brano è ispirato all’episodio del salvataggio di Angelica. Nell’Orlando furioso, la principessa viene salvata da Ruggero e non da Orlando, come ricordano anche due famosi quadri, uno del Tiepolo e l’altro del pittore francese Ingres. Ma noi volevamo dare forza alla tragicità dell’amore respinto di Orlando, e il fatto che lui fosse stato anche il salvatore della Principessa rendeva più forte la sua delusione e quindi la sua pazzia.
LA MUSICA
Per raccontare questa circostanza ci voleva un brano muscolare, volevamo esprimere tutta l’energia fisica che uno scontro cruento può far venire in mente: da una parte il salvatore della principessa, dall’altra i selvaggi che stanno per ucciderla.
Interpretando l’episodio, abbiamo pensato ad un brano molto dinamico, con un altro assolo “scritto” che da vita ad un duetto, ad un “obbligato” per chitarra elettrica e sintetizzatore, per Filippo e Vittorio.
Nell’orchestrazione Nocenzi ha voluto omaggiare idealmente le orchestrazioni di Frank Zappa, a sua volta ispiratosi spesso ad Edgar Varese, il compositore statunitense: ma anche in questo caso sono libere interpretazioni, più ideali che di contenuto …
La frase tematica iniziale, eseguita dal pianoforte, viene ripresa da tutta la band, esprimendo una verve “rock” che suonata solo dal pianoforte, non aveva “espresso” pienamente. E poi via con le sovrapposizioni di poliritmie affidate alla chitarra elettrica ritmica e al drumming di Moresco, in un veloce crescendo ritmico parossistico che approda ad una cadenza frenetica eseguita in trentaduesimi dal pianoforte, poi dall’organo e dalle marimbe, contrappuntati dagli stacchi dei Brass campionati: è la lotta fra il salvatore ed i selvaggi che diventa musica. Anche i limiti tecnologici di un sintetizzatore monofonico possono diventare “trovata timbrica”: eseguendo ottave “tremulate” si esalta lo “sganciamento” del suono monofonico, creando un timbro “nuovo” che, all’unisono con le marimbe, fa vivere il tema conduttore.
Sull’andamento generale assai ritmato, parte di nuovo il duetto “obbligato” velocissimo di Marcheggiani e Nocenzi che si snoda sul fraseggio esasperatamente cromatico di chitarra e sintetizzatore, quasi un “Volo del calabrone” elettrico ed elettronico, che va a schiantarsi in un “riavvolgimento di un nastro magnetico”, e si interrompe tutto il flusso ritmico per rilanciare la ripresa del tema conduttore eseguito all’unisono dai musicisti della band che ci porta in un’altra visione ritmica (3/4 + 3/4 + 4/4) su cui si esercitano in un ostinato le chitarre elettriche. E’ il preludio all’ultima ripresa del tema conduttore che chiude il brano.
NARRAZIONE DEL BRANO
Angelica comprende perfettamente che l’amore di Orlando è sincero, ma, semplicemente, non può accettarlo perché non potrà corrisponderlo; lei, nonostante sia stata salvata dal Paladino, rifiuta il suo amore, ma non come un’ingrata, bensì lo fa con delicatezza, quasi dispiaciuta! Non è una sua colpa amare qualcun altro, il suo cuore appartiene ormai a Medoro.
C’è in questo brano tutto il rammarico di chi capisce che l’amore accade, come qualcosa di imprevisto ed incontrollabile. Per Angelica, questo avvenimento che non si può controllare, è proprio l’incontro con Medoro (Canto XII, Ottave 65/66).
Il giovane arabo, durante una spedizione fuori dal campo dei Saraceni per recuperare il corpo di un loro comandante, viene ferito e lasciato nel bosco perché creduto morto. In quello stesso bosco sta fuggendo Angelica che, trovandolo lo soccorre e lo cura amorevolmente, con uno spirito inizialmente solo caritatevole, ma che poi, davanti alla bellezza del viso del giovane Saraceno, progressivamente diventa amore (Canto XIX, Ottave 33 e 38).
La narrazione del nostro testo è la risposta onesta che Angelica da ad Orlando, spiegandogli perché non potrà amarlo. Gli ricorda che non si può decidere di amare qualcuno, l’amore accade all’improvviso e come il vento ti trascina via.
Ci sembrava giusto che ad Orlando fosse offerta una spiegazione del rifiuto verso una dichiarazione d’amore così sofferta. Non bastava dirgli :- Amo un altro -. La narrazione doveva dare spazio ed importanza a questo rifiuto sia per le cose tragiche che ne conseguiranno, sia perché le figure di Orlando e di Angelica lo richiedevano.
LA MUSICA
E’ la prima volta che in un disco del Banco un brano vocale è affidato ad una voce femminile. Ma Angelica proprio non poteva essere interpretata dalla voce tenorile del grande Tony.
Il tema è molto lirico. Strofa ed inciso si compenetrano con estrema naturalezza fra loro. Il segreto della scrittura di questo brano sta nell’evitare le note più scontate dettate dalle armonie. Evitate come la peste la triade armonica, tonica terza e quinta. Il chorus, cioè la parte a cui si affida normalmente la parte più cantabile, parta da una nona come nota iniziale, poi una quinta minore, di nuovo una nona … eppure il tutto scorre limpidamente senza mai indugiare in concettualismi che ne avrebbero ucciso il sentimento principale che doveva esprimere la purezza leggiadra di un cuore innamorato.
Ed aveva bisogno di una VOCE FEMMINILE, perché volevamo sottolineare con una diversità eclatante l’importanza del rifiuto di Angelica, che causerà la pazzia di Orlando! Altri personaggi, in altri album del Banco, sono stati cantati tutti dalla stessa voce, ma mai il personaggio di una donna. Inoltre Angelica resta nell’immaginario comune la “co-protagonista” di tutta la storia insieme ad Orlando, non era un personaggio qualsiasi fra i tanti descritti nel poema. Secondo noi aveva diritto ad una sottolineatura speciale. Ed ecco che allora, cambiare timbro vocale diventava un segno di discontinuità importante.
Inoltre il suono della voce di VIOLA, così etereo, interiore, ben si addiceva al personaggio dell’Angelica che avevamo in testa: una donna consapevole del proprio essere unica ed importante in quanto “persona”. È stato quindi tutto molto “naturale”, è come se fosse stato già tutto scritto e deciso in altri spazi del mondo!!!
Come il fatto che, per far dichiarare il suo amore ad Angelica, per Orlando è stato scritto un Tango, e per far esprimere ad Angelica il perché del suo rifiuto è capitato di scrivere un Valzer lento, romantico ed affascinante.
Con la stessa naturalezza ci è capitato di chiedere a Viola Nocenzi di essere la nostra Angelica.
NARRAZIONE DEL BRANO
Orlando, completamente impazzito dopo il rifiuto di Angelica, è distrutto dal dolore, aggredisce i propri compagni d’armi invece dei nemici Saraceni… Prende per la coda un cavallo e lo fa roteare in aria! Insomma è completamente distrutto dal rifiuto della donna così tanto amata … (Canto XXIII Ottave 111/136) È irriconoscibile.
Abbiamo immaginato che, in un momento di totale sconforto, si sia lasciato cadere a terra, al bordo della strada. È così che lo trova Astolfo, il suo amico più caro, riconoscendolo dentro quel mucchio di stracci!! (Canto XXXIX Ottave 44/58).
Disperato per la scoperta, Astolfo lo prende tra le sue braccia: in quel momento si alza una grande Luna piena in cielo, e lui capisce come per miracolo, che deve RISCHIARE LA PROPRIA VITA, andare fino lassù, sulla Luna, a ritrovare il senno perduto di Orlando, e riportarlo sulla Terra. Così guarirà il suo amico e lo salverà!
Ed ecco che sull’Ippogrifo, ASTOLFO PARTE PER LA LUNA!
LA MUSICA
Il brano è scritto come un blues, anche se armonicamente è tutt’altro per i bassi che scandiscono armonie diverse dalla successione di I, IV, I IV, V, IV, I.
La musica racconta tutta la drammaticità della narrazione del testo, ricorrendo proprio ad un “giro” armonico inusuale per la sua natura cromatica, pur ricorrendo nella sua scansione ritmica ad un terzinato 12/8 scandito dal pianoforte conduttore, sostenuto dal lavoro delle chitarre elettriche che, arpeggiando, insinuano i propri suoni nelle terzine del piano. Su tutto si snoda, oltre che la melodia cantata da un Tony D’Alessio in forma splendida, il superbo assolo del sax tenore di Carlo Micheli, guest graditissimo in questo brano.
L’assolo di Micheli è grandioso, eseguito una sola volta ed in un’unica registrazione, improvvisando e dialogando solo con il proprio sguardo con Vittorio: un momento di totale simbiosi creativa ed espressiva che resta documentata da questa registrazione, che sembra scritta nota per nota per quanto l’improvvisazione del sax, ricca di superacuti quasi impossibili, si inserisce con enorme naturalezza in un dialogo costante con il canto della voce, come se fosse stato scritto nota per nota intorno alla melodia vocale…
A circa metà dell’assolo del sax si aggiunge l’assolo del Minimoog di Vittorio, che si sostituisce nel dialogo col sax alla voce. Il sintetizzatore di Vittorio gira intorno all’assolo del sax usando spesso l’imitazione musicale, cioè ripetendo frasi appena suonate dal sax, insieme ad altre note che costantemente tengono presente quelle eseguite nell’improvvisazione da Micheli, a volte facendogli dei controcanti altre volte mettendogli come delle nuove fondamentali, dei nuovi bassi, sotto i fraseggi del sax, altre volte ancora ripetendo brevi frammenti di temi del sax, come un andamento di “imitazione classica”. L’intenzione è stata quella di dare voce alle DUE ANIME DEI DUE AMICI, disperati uno nel vedere il proprio amico fraterno quasi moribondo, completamente irriconoscibile, e l’altro, Orlando, disperato nel dare uno spettacolo di sé così atroce proprio ad Astolfo, il suo migliore amico di sempre!
Le dissonanze e gli stridii di questo dialogo a tre creano un ascolto straziante, disperato, che punta proprio alla parte più intima dell’emotività del l’ascoltatore…
NARRAZIONE DEL BRANO
All’inizio del Canto XXXV (Ottava I), Ariosto si chiede chi farà per lui quello che Astolfo sta facendo per Orlando, capace cioè di arrivare fin sulla Luna per salvarlo riportandogli il suo senno … E’ questo il massimo dell’amore di un amico fraterno che farebbe qualsiasi cosa per te! Astolfo, in sella all’Ippogrifo si prepara alla sua missione impossibile: recuperare sulla Luna il senno di Orlando. Nel “Furioso”, in realtà, Astolfo va sulla Luna usando il carro di Elia, il carro del sole, ma noi abbiamo voluto immaginarlo sull’Ippogrifo in omaggio ai versi di “In volo”, il primo brano del “Salvadanaio” del Banco del 1972.
Una volta salito nello spazio e raggiunte le punte più alte dell’atmosfera, Astolfo si guarda intorno e resta meravigliato dalla bellezza del panorama del Cosmo. Fra le cose che lo colpiscono, nota come una “Cascata di luce”, che si rivela essere un enorme tunnel di energia da cui viene improvvisamente risucchiato. Passato attraverso la Cascata di luce Astolfo alluna, trovandosi, in mancanza di atmosfera, a galleggiare senza forza di gravità tra i solchi lunari, a rotolarsi vedendo tutto il mondo e la realtà capovolgersi. Arriva quindi finalmente nella VALLE DEI SENNI (Canto XXXIV, Ottave 71/92), spazio lunare pieno di ampolle contenenti i desideri, le illusioni, le virtù dell’uomo. La Luna, da simbolo romantico dell’amore umano, Ariosto la trasforma genialmente in una enorme discarica, dove sono finite le visioni più nobili dell’animo umano. Una volta trovata l’ampolla contenente il senno di Orlando, Astolfo prosegue la sua esplorazione quando, improvvisamente, vede stagliarsi silenziose e austere tre lugubri figure: LE TRE PARCHE che tengono i fili del destino degli uomini e che lo interrogano sul perché si trovi lì (Canto XXXV, Ottave 89/92).
È UN VIAGGIO ESISTENZIALE, RAPPRESENTA IL CORAGGIO DI RAGGIUNGERE L’IMPOSSIBILE. “Incomprensibile sei Tempo violento ed oscuro, Tempo che rotoli via, dove non posso arrivare; non strappare le mie dita, aggrappate a questo filo, voglio solo capire dove ci stai portando e perché” non è una semplice risposta o richiesta ma rappresenta il viaggio della vita che Astolfo (e noi tutti) intraprendiamo per affrontare le nostre paure e il tempo che passa. Superate le Parche, Astolfo è pronto con l’Ippogrifo a tornare indietro per portare l’ampolla del senno all’amico Orlando.
LA MUSICA
La suite si suddivide in TRE MOVIMENTI:
I) IL VOLO VERSO LA LUNA, a sua volta suddiviso in:
a)Viaggio verso la luna,
b)Panorama del cosmo
c)Cascata di luce;
II) L’ARRIVO SULLA LUNA, a sua volta diviso in:
d)Allunaggio,
e)Valle dei Senni
f) Le Parche e il Tempo;
III) IL RITORNO SULLA TERRA
Nel viaggio verso la Luna, attraverso un reiterato arpeggio di un accordo esatonale viene evocato, quasi onomatopeicamente, il battito di ali dell’Ippogrifo, mentre vola. Nel PANORAMA DEL COSMO (Canto XXXV, Ottave 70/71) l’apertura in Mib maggiore, viene sostenuta timbricamente da uno space synth e da una chitarra che esprimono la sosta di Astolfo nel vuoto dello spazio mentre si guarda stupito intorno, e ammira dall’alto la Terra. Entrando nella Cascata di luce, cambia scenario: il ritmo tellurico del basso e della batteria sostengono gli ostinati di chitarre, pianoforte e synth che ci fanno “vedere” le esplosioni di energia all’interno del tunnel.
Al di là della cascata di luce arriviamo all’ALLUNAGGIO, cullati da un arpeggio in Sib maggiore/Si diminuita e da un suono argentino di chitarre per arrivare alle VALLE DEI SENNI (Canto XXXV, Ottave 72/83) dove una chitarra con tremulo descrive l’atmosfera surreale della luna. Nelle PARCHE E IL TEMPO, veniamo guidati dal ticchettio dell’orologio cosmico, fino ad arrivare all’apertura affidata al pianoforte, che rappresenta la lucida presa di coscienza che Astolfo fa tra sé e sé sull’avanzare del tempo.
All’improvviso si ascolta il SUONO DI UN NASTRO CHE SI RIAVVOLGE VIOLENTO e porta all’ascoltatore il tema conduttore di ”In volo”, a rappresentare la linea di continuità concettuale tra il Salvadanaio (e l’idea di Ippogrifo di allora) e l’Orlando Furioso per poi riprendere il tema musicale iniziale. Il nastro che si riavvolge, riavvolge con sé anche i 50 anni passati.
NARRAZIONE DEL BRANO
L’amore inatteso, è quello che Medoro, soldato saraceno anonimo e senza storia, si ritrova a vivere improvvisamente quando Angelica, la bellissima principessa del Cataio, quella della quale tutti i campioni sono innamorati, lo ritrova moribondo nel bosco. Angelica lo trova così (Canto XXII, Ottave 65/66), e non solo lo cura e si dedica a lui, ma, facendolo, se ne innamora. Medoro, umile fantaccino, vive tutto questo con lo stupore con cui si assiste ai miracoli, visto che si ritrova ad essere l’oggetto dell’amore della donna più bella del mondo!! (Canto XIX, Ottave 33-38) “Come è successo che sei qui?!”
“Sono terra brulla, quando è in fiamme il cielo!” così si autodefinisce Medoro, ai cui occhi Angelica appare come la “Pioggia di marzo, nave che parte questo sei tu per me!!”.
“E accatastati alle spalle tutti gli anni miei, prendono un senso ora che tu sei qui …!!
”Solo un attimo così mi basta …!” E’ l’umile esclamazione di Medoro alla fine del brano, ad esprimere la sua semplice e stupita meraviglia…
LA MUSICA
“Le note del pianoforte su cui si sviluppa il canto vocale, sono come un ricamo trasparente su cui si poggia con estrema naturalezza la melodia affidata alla voce. Sia le parole che le armonie e la melodia comunicano la sensazione di stupore meravigliato, quasi una felicità inattesa. E’ questo il reale stato d’animo di Medoro che “sgrana i propri occhi” davanti al miracolo dell’amore della bellissima Angelica, che lo riguarda in modo inequivocabile. Sia la composizione che l’arrangiamento vogliono concretizzare questo stupore di Medoro nel modo più diretto e semplice possibile, ricorrendo in questo caso, più che ad effetti speciali, alla “naturalezza” come chiave espressiva principale da adoperare per dipingere un momento così intimo, particolare … “Neanche le stelle risplendono così!”
“Ma che sorpresa sei per me! Come è successo che sei qui?!!”.
Il viaggio dell’amore, che appare come una visione sublime a Medoro, è evocato dall’incedere naturalissimo sia del ritmo che delle armonie luminose del brano, affidate alle cadenze del pianoforte e delle chitarre. A proposito dei suoni di chitarra, ci sembra giusto sottolineare il gusto mai scontato di Marcheggiani nello scegliere i timbri per il proprio strumento, con i quali interpretare le narrazioni di ogni brano. In questa ballade romantica e fatta di “intimità”, Filippo si affida al suono creato dal suono Ebow per contribuire a creare la dolcezza del suono generale del brano, con le frasi della sua chitarra che suonano in risposte dialogate con la melodia della voce, per poi passare ad un suono molto elegante con il quale prende la melodia conduttrice lasciata dalla voce di D’Alessio.
NARRAZIONE DEL BRANO
Questo brano esprime quel sentimento che travolge la nostra esistenza quando incontriamo la persona della nostra vita, quell’ “amore per sempre”.
Nel finale del suo Poema, l’Ariosto aggiunge altri 5 canti conclusivi per raccontare l’incontro fra Ruggero e Bradamante, perché da questo incontro lui voleva far discendere la dinastia degli Este.
A noi lo scopo encomiastico / dinastico di Ariosto non ci ispirava particolarmente, quindi abbiamo pensato di provare a cambiare il finale ariostesco raccontando che Atlante si oppone all’incontro fra Bradamante e Ruggero per il destino di quest’ultimo che ne prevedeva la morte nel momento stesso in cui avrebbe incontrato la donna della sua vita. Per Atlante, l’amore, in fondo, non può che produrre dolore, perché come tutte le cose umane prima o poi finisce e, nel momento della fine di un amore, il dolore sarà tremendo.
Ed allora il nostro racconto immagina Atlante che fa vedere a tutti cosa sarebbe successo se Bradamante e Ruggero si fossero incontrati. Abbiamo immaginato la pira funebre di Ruggero, e Bradamante che si dispera schiantata dal dolore canta a Ruggero il suo ultimo addio …
Come per tutti i brani di “Orlando: le forme dell’amore”, le parole dei testi se vengono sottratte all’episodio dell’album concept a cui sono legate, non perdono di forza e significato, possono essere fatte proprie da ogni ascoltatore come se lo riguardassero direttamente, perché nonostante tutto, tutti proseguiamo a puntare sempre sul nostro amore.
LA MUSICA
Ruggero e Bradamante sono i Giulietta e Romeo di Ariosto, ed hanno ispirato al Banco un brano pieno di passione, di dolore, in cui l’amore infelice dei due protagonisti viene espresso da una melodia che ti scava dentro il cuore.
La lunga introduzione strumentale è affidata agli accordi delle tastiere che giocano con il voicing, cioè con i rivolti stessi degli accordi, per tessere una specie di contromelodia sotto quella eseguita dalla chitarra elettrica, che riprenderà subito dopo la voce solista. Un’altra chiave musicale, che predispone l’animo in modo adeguato ad accogliere finalmente la voce solista, sono i controcanti che la seconda chitarra fa alla melodia solista della prima.
E quando la voce debutta con il canto del tema conduttore trova così pronto il cuore dell’ascoltatore, sintonizzato nel naufragio del protagonista del testo: “Come rovi stretti verso il fianco del vulcano”. E poi i versi forse più struggenti della poesia Latina affidati a Catullo quando scrive alla sua Lesbia: “E mille baci ancora sotto il cielo ti darò e mille baci ancora e di nuovo ancora cento e quando finirà questa breve luce insieme dormiremo un’unica notte, e ancora baci e ancora cento”…
L’estrema libertà di ispirazione di quest’album è testimoniata anche da questa libera citazione di rimandi poetici, esistenziali ed artistici in genere. La ballade finisce con un altro assolo “obbligato” per chitarra e sintetizzatore, Filippo e Vittorio firmano la conclusione del brano e dell’album stesso con un assolo lirico e struggente.
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